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Ora vivo in una citt dai fiumi interrati (inedito)
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Ora vivo in una città dai fiumi interrati, Non quella di streghe che sempre traspare Dal fondo della più vasta pianura E neppure l'allegra signora distesa Lì dove muore l'Appennino - Ricordo ancora l'amico di una sera Aprirmi un piccolo infisso tra i portici E mostrarmi una Venezia padana Un paese d'acque segrete.
E inseguo pedalando le ombre sulla strada Come s'aggrumano le nuvole dopo la rincorsa Se il vento un poco le confonde: Basta una felicità di pioggia Sull'asfalto di marzo E i fiumi nascosti tracimano come un rimosso Risalgono dalle profondità a chiedere cielo E pesci e anfibi e canneti.
Ho visto mille topi galleggiare Sui liquami del porto E ho compreso perché Non ho avuto paura.
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Loredana Savelli
- 27/07/2010 09:28:00
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Effettivamente non può essere Bologna: "E neppure lallegra signora distesa Lì dove muore lAppennino".
Riletta. Molto bella.
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Daniele Incami
- 26/07/2010 01:44:00
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Molto bella. Ha generato in me multiformi suggestioni.
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Franca Alaimo
- 25/07/2010 22:56:00
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La città dei fiuni interrati è Palermo, che al tempo degli Arabi era così ricca d’acqua da suscitare la loro meraviglia. Sono fiumi dai nomi bellissimi, che evocano inverni e papiri. Lo so perché roberto Deidier vive nella mia stessa città.
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Eugenio Nastasi
- 24/07/2010 10:11:00
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Partito da esperienze consumate da ricordi che consentono al poeta di approdare a una concezione positiva della vita (una volta acclarato il ripullulare e lo scorrere sommerso dacque fluviali e, in chiusura, azzerato lo scarto dei topi galleggianti come metafora di rimosse inibizioni)la lirica di Deidier accosta simboli e pretesti per un colloquio "sine die" col tempo e con la sua storia personale ad emblema di una vitalità, di una verità che, per essere dellanima, non si avvierà mai al tramonto: "Basta una felicità di pioggia ecc.". Bellesempio di poesia a tutto campo che cerca e trova nello scorrere dei versi un appagamento e insieme una remora allamore sensuale. della parola.
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Peppe Nut
- 21/07/2010 15:48:00
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I fiumi che sanno riemergere, e un giorno dovranno, penso siano le nostre parti incorrotte. Affiorano a chiedere vita (: cielo/ E pesci e anfibi e cannetti) non morte, imputata e relegata allacqua del porto. Non solo forse il contrasto urbanesimo/campagna, ma anche individuo/comunità oppure coscienza/oggettività. Allautore, bravissimo, il responso.
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Loredana Savelli
- 19/07/2010 11:41:00
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La città esattamente è...? (Ho pensato a Bologna, ma il porto?)
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Loredana Savelli
- 19/07/2010 11:40:00
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Veramente, veramente bella. Uno sguardo empatico, pietoso si posa sullambiente che non è proiezione di sè, ricettacolo di paure e desideri di chi osserva, ma è amato per quello che è, cogliendo in esso ogni segnale di vita, benchè malata, in una tensione commovente alla compenetrazione uomo-natura (finchè ciò sarà possibile)! Un saluto.
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Franca Alaimo
- 19/07/2010 11:07:00
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I fiumi interrati che, di tanto, in tanto, tracimano costituiscono, forse, la metafora secondo la quale va letta lintera poesia: quel che sta sotto, compresso represso rimosso, è anche la nostra segreta acqua nera che rigetta "topi morti". Per questo essi non provocano nel poeta alcuna reazione: la loro "riconoscibilità", infatti, azzera qualsiasi stupore.
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